Si avvicina l’estate e, come ogni anno, ricominciano le denunce degli imprenditori circa la difficoltà di reperire mano d’opera nei settori del turismo e dell’agricoltura, con tanto di accuse a una misura come il reddito di cittadinanza.
Questo in estrema sintesi, quanto denunciato da Pino Gesmundo, segretario regionale della Cgil Puglia. Parla di “un accanimento quasi patologico nei confronti dei poveri”, ma la colpa, secondo Gesmundo, e lo dicono i numeri, non è del Rdc ma “è in primis nello sfruttamento, nel sommerso e nei bassi salari”.
Oltre al turismo i guai, sempre secondo alcuni a causa del Rdc, avvengono nel settore agroalimentare: caporalato, cottimo, sfruttamento, lavoro nero, lavoratori stranieri costretti a ricoveri di fortuna che mettono a rischio salute e sicurezza.
Con l’1,5 di Pil in Puglia nel settore agroalimentare non si riesce a comprendere come si può parlare ancora di caporalato e sfruttamento in province dove l’ortofrutta è una produzione d’eccellenza con aziende che esportano ed operano in competizione sui mercati nazionali ed internazionali.
“Assolutamente si, dice Antonio Gagliardi, segretario regionale FLAI Cgil: non lo certifichiamo noi ma l’Ispettorato Nazionale del Lavorio con rapporti anche legati ai controlli che nel passato, per dirla tutta, non sono stati molto efficaci per la mancanza di personale ispettivo. Pensi che in alcune province vi è un solo ispettore. Il Ministero del Lavoro ha avviato quest’anno l’assunzione di oltre duemila ispettori in tutta Italia che andranno sul campo nei prossimi mesi”.
Dall’approvazione della legge 199/2016 sul caporalato sono stati avviati molti controlli con relative denunce, e numerose indagini/denunce condotte anche dalle forze di polizia. “Queste indagini, sottolinea Gagliardi, alcune stanno arrivando a conclusione e prossimamente a sentenza, altre indagini (e sono numerose) non si sono ancora concluse.
“Questi controlli puntano soprattutto verso le aziende che occupano lavoratori stranieri e soprattutto extracomunitari che è la mano d’opera più esposta e più debole. Poi c’è una parte della legge 199 che non funziona o non è stata ammessa ad operare. Faccio un esempio: lo scorso anno in provincia di Taranto, nell’ambito della Rete Agricola di Qualità (solo il 2,5% delle aziende in Puglia è iscritta), è stato emesso un bando per i trasporti degli operai agricoli. Bene nessuna azienda ha aderito facendo perdere 280mila euro di finanziamento. E’ chiaro il perché della mancata adesione: il rifiuto di comunicare e sottoscrivere i contratti, gli orari e i salari applicati agli operai”.
Ci sono imprenditori che in questi giorni si lamentano per la mancanza di mano d’opera per la raccolta delle ciliegie, e si pensa al peggio quando inizierà la campagna di raccolta dell’uva da tavola.
Non ci sarà, secondo Gagliardi, una mano d’opera sufficiente e regolare per la raccolta dell’uva da tavola, Secondo la Cgil poi non c’è alcun riconoscimento professionale: dei 437mila rapporti di lavoro attivati tra agricoltura, silvicoltura e pesca in Puglia nel 2021, 348mila hanno avuto durata inferiore ai 30 giorni, e oltre 402mila sono stati inquadrati come operai non specializzati.
Le imprese non sono disposte a confrontarsi sul potenziamento dei Centri per l’impiego per favorire un incontro legale tra domanda e offerta di lavoro perché secondo il sindacato non intendono applicare i contratti soprattutto con i lavoratori stranieri ed extracomunitari.
Dopo pandemia, guerra in Ucraina, inflazione, mancanza di materie prime: la Puglia agroalimentare c’è la farà a superare questo momento? “Certamente si, afferma Gagliardi anche se il 50% delle aziende naviga ancora, per quanto riguarda il lavoro e la mano d’opera, nella irregolarità più diffusa”.
Manca la mano d’opera per produrre le nostre eccellenze agroalimentari Caporalato, cottimo, sfruttamento, lavoro nero, lavoratori stranieri: serve un confronto aziende-sindacati. Intervista ad Antonio Gagliardi, segretario regionale FLAI Cgil Puglia
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