Bat, cresce l’occupazione ma non di qualità: boom di partite iva e collaborazioni

Lavoro
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Serve una strategia per lo sviluppo del territorio,

altrimenti nella crescita sempre ombre

 

 

L’economia della Provincia di Barletta - Andria - Trani si contraddistingue per un dinamismo che si va consolidando col passare del tempo ed i dati diffusi nell’ultimo report dell’Istat, relativi all’export nel quarto trimestre 2017, lasciano ben sperare: crescono i rapporti commerciali tra questo territorio e l’estero anche più della media nazionale che si attesta intorno al +7,4%; nella Bat si sfiora invece l’8,5%, più del doppio dell’incremento che si registra in Puglia.

Il commento sui dati dell’export. “Sono numeri che, seppur positivi, devono essere analizzati ed interpretati”, perché “sono il frutto di un mercato fatto di prodotti a bassa competitività. Quasi il 70% dell’export è legato al TAC, dunque siamo di fronte ad una crescita ‘monoculturale’ in un settore in cui purtroppo manca l’innovazione. La maggior parte dei nostri prodotti finisce in paesi ‘poveri’, come l’Albania. Se le esportazioni in sette anni sono raddoppiate manca, infatti, la stessa crescita anche nel campo della ricerca e dell’innovazione, quindi tutto ciò che vendiamo all’estero ha un basso contenuto tecnologico, ed è questo un primo aspetto da prendere in considerazione”.

“Un secondo aspetto è quello dell’occupazione in quanto anche da questo punto di vista i numeri sono positivi: a livello nazionale il dato cresce dell’1,2%, in Puglia dello 0,3%, nella Bat del 2,3%. Ma di che occupati parliamo? Di certo non di un’occupazione di qualità perché il 2017 è stato l’anno in cui si è registrato il numero maggiore di contratti a termine e, anche quando ci sono rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono quasi sempre legati agli incentivi, questo sia a livello nazionale che a livello territoriale”.

Crescono partite iva e collaborazioni. Nella Bat il numero dei disoccupati scende di 1458 unità, restando comunque oltre 57mila (una cifra sempre alta). Gli inoccupati sono meno 2613 e superano i 15mila. Tendenza che si consolida anche nel primo semestre del 2018. “Dunque numeri che preoccupano ancora, ecco perché l’ottimismo deve essere cauto. È vero l’occupazione è al 33% (in via di miglioramento) ma cresce esponenzialmente il numero dei lavoratori atipici: 2mila le partite iva e 24.215 collaborazioni coordinate e continuate. Ed in questo quadro poi non si può non affrontare tutto il tema delle irregolarità che in Puglia nel 2017 sono in media del 63%, con picchi in alcuni settori, come per esempio l’edilizia, dove si sfiora quota 75%. Migliorano, invece, le condizioni in agricoltura dove le irregolarità scendono al 56% e ciò evidentemente anche grazie a tutte le azioni di contrasto al caporalato, oltre alla Legge 199, ed alle iniziative messe in campo contro le diverse violazioni: dal lavoro nero alle nicchie di grigio come i falsi part-time fino a tutte le irregolarità ed inadempienze contrattuali”. Dai dati più recenti Istat del 2016 risulta una diminuzione dell’occupazione a tempo pieno del 9,2% ed un aumento del lavoro a tempo parziale del 51,7%,  con un rapporto tempo pieno del 57,3% e part time del 42,7%. Dati che ci attestano la bassa qualità del lavoro essendo noto come sui part time si scaricano le evasioni e le inapplicazioni contrattuali. “Negli ultimi periodi stiamo assistendo ad una serie di esternalizzazioni di intere fasi lavorative a cooperative spesso in deroga alla legislazione in materia di outsourcing ed in particolare nel commercio a forme di appalto di attività lavorativa con forme vere e proprie di appalto non genuino e somministrazione illecita di manodopera. È evidente che la condizione di lavoro e il peggioramento delle condizioni contrattuali sono frutto di una legislazione figlia di un’idea dello sviluppo e del mercato che ha pervaso le politiche di oltre un trentennio, dalla legge 30 al “Jobs act”, teso a comprimere i diritti e ridurre i costi del lavoro ma contestualmente a depotenziare la capacità contrattuale e rivendicativa dei lavoratori e del sindacato. Basti pensare alla scarsa contrattazione di II livello presente nel Mezzogiorno e nella nostra Provincia, esempi se ne possono infatti contare sulle dita di una mano. Condizione questa che crea non solo un nuovo dualismo tra Nord e Sud sulla distribuzione della produttività e ricchezza ma che alimenta una scarsa domanda interna e scarsa propensione ai consumi”.

In un contesto di crescita delle esportazioni e parziale ripresa economica come emerge dai recenti dati e dall’andamento dell’economia nella  Bat pur, nelle sue contraddizioni, bisogna rimarcare l’assenza di una programmazione territoriale e provinciale. “C’è bisogno di costruire rapidamente sul territorio una politica che rilanci lo sviluppo e che costruisca una nuova strategia per inaugurare una stagione di confronto e di relazioni tra istituzioni, sindacati e associazioni datoriali a partire dai protocolli che abbiamo firmato con cinque Comuni della Provincia sulle relazioni sindacali che, al momento, non hanno prodotto alcun risultato se non quello dei tavoli sulla rigenerazioni urbana e sui piani sociali di zona in alcune realtà”.

Il protocollo con Confindustria. “Il 21 maggio scorso con Confindustria Bat abbiamo sottoscritto un importante protocollo ‘Patto per lo sviluppo e la crescita occupazionale della Provincia’ con l’obiettivo di costruire dal basso idee e ipotesi condivise per lo sviluppo del territorio. Ad oggi non abbiamo registrato nessuna disponibilità al confronto né da parte della Provincia né dei Comuni, atteggiamenti tutti figli, probabilmente, di  una cultura liberista e del mercato convinta che lo sviluppo non vada orientato, che le scelte non debbano essere condivise e che probabilmente le relazioni e confronti siano passaggi burocratici e lacci e lacciuoli, preferendo l’autarchia e il gioco solitario. Giudizio questo confermato anche sulla  partita del protocollo su appalti e legalità ancora ferma al palo. Basta dire che ad oggi solo con il Comune di Trani e Bisceglie abbiamo di recente sottoscritto tali  protocolli che sostanzialmente prevedono la responsabilità solidale tra appaltante e appaltatore, la clausola sociale circa le garanzie e stabilità occupazionale  il rispetto del Durc e della contrattazione collettiva, il rispetto della legislazione nazionale e regionale quale la legge 28/06 per le aziende appaltanti e tutte le norme in materia di legalità, nonché le indicazioni che le assunzioni devono essere di qualità e  a tempo indeterminato. Protocolli che si rendono urgenti con le Pubbliche amministrazioni per orientare la qualità del lavoro e dello sviluppo e per dare un contributo, non in maniera ipocrita, alla lotta alle elusioni ed evasioni contrattuali ed al lavoro nero, in particolare, se è vero come è vero che dalla lettura dei dati delle ispezioni del Ministero del Lavoro si evidenzia come nel 2017 nel settore sanità e servizi sociali le irregolarità riscontrate risultano del 67%, settori questi legati fortemente al sistema degli appalti pubblici e delle cooperative sociali dove spesso oltre al sistema delle infrazioni, si riscontrano rapporti di lavoro anomali  e forme forzate di soci lavoratori”.

I fondi dell’Unione europea rappresentano una leva fondamentale per la crescita e la programmazione dello sviluppo territoriale. “Dunque, è necessario ripartire dalla spesa delle risorse comunitarie alla luce di dati che non sono affatto positivi. Siamo, infatti, al giro di boa del ciclo di programmazione di due misure, i fondi Fesr e Fse, ed in Puglia, su oltre 7miliardi, al 31 dicembre dello scorso anno le somme certificate erano 1,200 milioni di cui utilizzate 600 milioni. Serve, senza ombra di dubbio, dare un’accelerata sul fronte della spesa partendo da progettualità per la costruzione di un’idea di sviluppo ed evitando perdite di tempo e risorse. Non possiamo ridurci all’ultimo secondo con un inutile ‘elenco della spesa’ stilato giusto per accaparrarsi qualche risorsa senza che sia stata messa in piedi una strategia per lo sviluppo, rispondendo solo ad una logica assistenziale. Infine, denunciamo come ad oggi non si sia svolto nonostante sollecitazioni un confronto tra le parti sulle opportunità che possono rinvenire dalle Zes (zone economiche speciali), in questo ravvisiamo quella visione pressapochista del tirare a campare ed una inerzia che va contrastata con la denuncia e la lotta per incidere sulla qualità del lavoro e dello sviluppo e dare nei prossimi mesi gambe alle iniziative per dare attuazione ai protocolli sottoscritti in alcuni Comuni affinché quelle intese vivano davvero e non restino solo buone intenzioni sulla carta, anzi devono essere estesi a tutta la Provincia e diventare prassi l’idea di un modello di relazioni sociali dal basso che coinvolga le parti sociali e gli attori dello sviluppo, in un processo democratico e di partecipazione”.

Giuseppe Deleonardis

Segretario Generale