I FUNGHI, RICCHI DI SAPORE E DI CULTURA di Pasquale Montemurro

Alimentazione
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Con le sue giornate uggiose notoriamente l'autunno è il periodo ideale per andare in cerca di funghi nei boschi e negli incolti. Etimologicamente fungo proviene innanzitutto dal termine greco ??????? o ??????? (spóngos o sphóngos), ‘spugna’; per i latini, che ne apprezzavone le qualità culinarie, fungus, significava ‘portatore di morte’, da funus = morte ed ago = porto, portare, e quindi aveva un significa nella civiltà un significato funesto. I vari racconti, tra leggenda e realtà, narrano ad esempio che l'imperatore Claudio morì proprio a causa del fatto che la moglie Agrippina, conoscendo il suo debole culinario e desiderando mettere Nerone sul trono al suo posto, lo avrebbe fatto avvelenare proprio facendogli mangiare dei funghi velenosi.

Tra le tante specie di funghi eduli, ve ne sono alcune molto famose e ricercate per la loro bontà in ambito culinario. Il re dei funghi è senz’altro il ‘porcino’, il Boletus edulis, il più noto ed apprezzato per la sua squisitezza, comunemente denominato ‘brisa’,’ bastard’, ‘fungo di macchia’, ‘moccicone’ o ‘settembrino. Posti d’eccellenza ce l’hanno poi l'Amanita cæsarea, dal latino caesareus, dei Cesari, volgarmente conosciuta come ‘ovolo buono’, la cui prelibatezza indusse gli antichi Romani, il poeta Quinto Orazio Flacco tra questi, a definirlo "Cibo degli Dei" ed il ‘finferlo’, il Cantharellus cibarius, caratteristico per il suo colore giallo acceso.

Tra i funghi più conosciuti e ricercati nel sud Italia c’è il ‘cardoncello’, botanicamente chiamato Pleurotus eryngi; in particolare, Pleurotus è una parola greca composta da ??????? (pleurón) = di fianco, ed ??? (oûs) = orecchio per la sua forma, mentre sempre greco è ???????? (erynghion) che significa ‘ruttare’, in sintonia con quanto affermava Dioscoride, secondo il quale chi ne mangiava ‘aumentava tutte le ventosità’; molteplici sono i nomi comuni: ‘antunna’ o ‘antunnu eru’, ‘cardolinu de petza (fungo di carne) in Sardegna, ‘funciu di ferla’ in Sicilia; ‘cardungìdde’, ‘cardunceddu’, e ‘carduncieddù’ sono i nomi solitamente usati in Puglia e Basilicata, regioni il cardoncello è raccolto sull’altopiano delle Murge appulo-lucane, una delle più importanti culle di questa specie di fungo, perché in questi terreni trova il suo habitat ideale, crescendo soprattutto sull’Eryngium campestre, sua pianta ospite naturale. Da oltre trent’anni, poi, il cardoncello viene coltivato principalmente in Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia, utilizzando un substrato costituito da ballette di paglia in cui artificialmente sono state inoculate le spore del fungo, che sono poste in serre opportunamente condizionate in termini di umidità, luminosità e temperatura.

I funghi non sono, però, solo gustosi a tavola, in quanto hanno anche dei ‘sapori cultural’”. Molte sono infatti i riferimenti in campo letterario ed artistico. Lo scrittore greco Pausania (II sec. d.C.) scrisse che secondo la mitologia l’eroe Perseo, dopo un lungo ed estenuante viaggio, stanco e assetato, si poté ristorare con l’acqua raccolta nel cappello di un ????? (mykés), che vuol dire anch’esso fungo in greco antico; per questo motivo decise allora di fondare in quel luogo una nuova capitale e di chiamarla Micene, dando così vita a una delle maggiori civiltà del passato, la ‘micenea’. Per il mistero che circondava la loro nascita, Plinio il Vecchio scriveva che I boleti sono di tipo malefico se nascono vicino a bottoni di metallo, chiodi da scarpa, ferri arrugginiti, panni fradici, assorbendo i succhi impregnati di tali sostanze e trasformandoli in veleno, ed ancora ... se un serpente passando vi soffia sopra, il fungo diventa velenoso, perché la sua natura é di assorbire qualsiasi sostanza venefica. Durante il Medio Evo erano stati messi al bando dal Sant’Uffizio perché, oggetto di canti Medioevali in alcune taverne laziali, era considerato espressione di forze soprannaturali ed afrodisiaco, e quindi in grado di distogliere i Cristiani dall’idea della penitenza. Nel XIV secolo, di fronte al timore di supposte virtù stregonesche, Giovanni Morelli consigliava ... Desina all’ora compitente, mangia buone cose e non troppo; levati con buono appitito, guardati dalle frutte e dai funghi, non ne mangiare, o poco e di rado. Nel XVI secolo, però, Giovanvettorio Soderini ha ridimensionato i supposti lati negativi, dichiarando I funghi piacciono allo stomaco, muovono il ventre, nutriscono il corpo, ma con fatica si smaltiscono; son ventosi”; quest’ultimo aspetto, già evidenziato da Dioscoride, fu ribadito anche da Cecco Angiolieri con Però non dica l’uomo: I’ho parenti; ché s’e’ non ha denari, e’ può ben dire: Io nacqui come fungo a’ tuoni e venti. Ancora, per la casualità dei punti in cui nascono, Annibal Caro per indicare una fatica inutile scrisse È come cercar dei funghi, mentre per la rapidità della loro crescita Lorenzo de Medici verseggiò Ogni ora a chi aspetta pare un anno, ed ogni brieve tempo è troppo lungo... e, quando ben nascesse come il fungo, mi par che troppo al mio bisogno stia; e ancora nei Canti carnascialeschi intona Campeggeran ne’ verdi prati i funghi. L’estrema fragilità e la breve durata viene espressa da Ludovico Antonio Muratori con la frase Avere la vita dei funghi. Le immagini dei funghi come metafore dell’inquietante e del fugace sono utilizzate dall’Ariosto con In luogo d’occhi, di color di fungo sotto la fronte ha due coccole d’osso, da Federico Tozzi, Il cielo si era coperto di nuvole, rossiccie come funghi velenosi, che correvano sopra la luna e da Carlo Emilio Gadda, Le bande tenevano il paese per qualche anno, poi si dissolvevano, sparivano, altre sorgevano come funghi dopo l’acquata di settembre. Tratteggiati in paesaggi pastorali, oppure usati come immagine della vita che passa, i funghi spesso simboleggiano pure alcune situazioni esistenziali: Io sto qui e ogni giorno mi sento di più come un fungo fuori stagione, si legge nell’Epistolario di Giosué Carducci; nei Canti di Giacomo Leopardi si ritrova Ne troverem più che non brami. Oh guata: un fungo, e quivi un altro: oh quanti funghi. C’è pure chi dei funghi ne ha fatto il simbolo di un impossibile ritorno ad una vita in armonia con la natura, come Italo Calvino in quell’episodio di ‘Marcovaldo’, in Funghi in città, in cui si può leggere Un giorno sulla striscia d’aiuola di un corso cittadino, capitò chissà dove, una ventata di spore e ci germinarono dei funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che proprio lì prendeva ogni mattina il tram. I funghi sono presenti pure in una filastrocca cantata da Gretel nella fiaba musicale Hansen e Gretel di Humperdinck: Nel bosco dite o bimbi chi sarà quell’ometto che in capo ha un caschetto color caffè. Dite o bimbi chi sarà quell’ometto solo là col farsetto rosso nel bosco là. E i bambini: Il fungo della felicità! Ma c’è altresì chi come Guido Piovene più tangibilmente li descrive sulla tavola: A Penne potremo mangiare... i maccheroni alla chitarra, le minestre condite con erbe aromatiche inconsuete, ed i piccoli funghi spinaroli.

Abbastanza lunga è, poi, la serie dei modi di dire che hanno a che fare con i funghi, in grado di colpire l’immaginario popolare. Eccone alcuni. Andar per funghi: indossare un abito a rovescio, per la credenza popolare che portasse fortuna ai cercatori di funghi, pratica probabilmente dovuta all’abitudine di rivoltare i vestiti per non danneggiarli. Avere la vita dei funghi, cioè avere una vita breve. Cercare funghi, andare in giro senza meta, bighellonare. Far nascere un fungo, cioè cercare un pretesto. Venir su come un fungo, vale a dire crescere senza cultura e educazione. Nascere, sorgere, spuntare come un fungo, in altre parole, sorgere all’improvviso, alla svelta e in gran numero. In una notte nasce il fungo, a significare che quello che meno ci si aspetta, può accadere all’improvviso e Tanto piovve che nacque il fungo, per dire che finalmente è accaduto ciò che si è perseguito con tenacia. Secondo una leggenda, poi, i funghi sarebbero nati dalle briciole di pane cadute in un bosco da due pagnotte che Gesù e San Pietro stavano sbocconcellando mentre camminavano: le due pagnotte erano, l'una bianca e l'altra nera, e le briciole cadute originarono rispettivamente i funghi buoni e quelli velenosi.

Anche nell’arte i funghi sono stati dei protagonisti, fin dai tempi antichi. Risalgono ad un periodo variabile tra i 9000 ed i 7000 anni fa una serie di pitture raffiguranti degli individui mascherati da funghi, individuate in un riparo di Tin-Tazarift, nel Tassili (tra Algeria e Libia). Geroglifici egiziani di 4600 anni fa testimoniano che i Faraoni pensavano che i funghi fossero ‘erbe dell'immortalità’ e ‘figli degli Dei’ mandati sulla terra attraverso i fulmini, per cui solo ai Faraoni era permesso mangiarli. Incisioni rupestri riproducesti ‘Uomini-fungo’ sono stati scoperti nei pressi del fiume Pegtymel (Siberia), mentre delle piccole pietre-fungo, risalenti al 300-600 d.C., sono state ritrovate nel sito di Kaminalijuyu, in Guatemala. Una scena di Cacciaggione e funghi è raffigurata nella Casa dei Cervi ad Ercolano. Nell’abbazia di Plaincourault, Indre (Francia), in un affresco del periodo romanico (1291) è rappresentato l’episodio biblico del peccato originale in cui l'albero della conoscenza del bene e del male è rappresentato in forma di fungo su cui è attorcigliato un serpente nell'atto di offrire il frutto proibito ad Eva. Come, poi, non ricordare l’Inverno di Arcimboldo, in cui la bocca del suo personaggio è formata da due funghi. In Funghi (1600), il pittore belga Fyt Jan ha posto dei porcini in primo piano con altri ortaggi e due fagiani sullo sfondo. Angelo Maria Rossi ha dipinto nel 1650 Natura morta con frutta, zucca, funghi, pannocchia e conchiglia. Natura morta con funghi (1656) è il titolo assegnato ad un suo quadro da Paolo Porpora, un artista napoletano vissuto nel periodo del tardo barocco. Funghi (porcini) da soli sono stati posti da Gigi Comolli in una sua opera datata 1949; di quest’ultimo anno è anche il quadro Funghi con paiolo del genovese Amedeo Merello. Molto suggestivo è il Raccoglitori di funghi (1950) di Giuseppe Migneco, un pittore italiano tra i maggiori espressionisti del novecento. Funghi e castagne è il binomio rappresentato da Francesco Gonzaga, artista milanese del Novecento. Pure del Novecento sono due nature morte con funghi, l’una con delle zucche, l’altra con cachi ed un grappolo d’uva l’altro, dipinte del pittore lombardo Edmondo Albertella in arte ‘Pinsart’. Un’opera si può dire minore, ma senz’altro originale, è la statua denominata il ‘Fungo Innamorato’, posta al centro di un piccolo rondò a Pievescola, una frazione di Casole d’Elsa del Senese. Infine, sembra esistano anche il ‘fungo dell’amore, il Pleurotus salmonarius, chiamato così per il suo colore, caratterizzato da una sfumatura tra il salmone e il rosato che gli dona un tocco assolutamente femminile, e secondo i cinesi il ‘fungo dell’immortalità’, il Ganoderma lucidum.

PASQUALE MONTEMURRO